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Edita Pucinskaite

Intervista ad Edita Pucinskaite


12.2.2007




È una delle veterane e più titolate nel plotone femminile. La lituana Edita Pucinskaite, dopo due anni trascorsi con la formazione italiana Nobili Rubinetterie Menikini Cogeas e dopo aver aggiunto al suo prestigioso palmares anche il Giro d'Italia, si proietta in questo 2007 sempre con grande entusiasmo ed ambizioni. Tra passato, presente e futuro ecco cosa ci racconta Edita.


1. Il tuo 2006 è stato contraddistinto dalla tanto sognata vittoria al Giro d'Italia. Una bella liberazione: cominciavi ad essere un po' ossessionata da questo Giro che ti era sempre sfuggito?

Si, ho partecipato per la prima volta (con la nazionale lituana) al Giro d'Italia a soli 18 anni, arrivando quarta in classifica e vincendo la maglia bianca come miglior giovane (1994, Giro vinto da Michela Fanini). È da allora che inseguivo la rosa, cogliendo una seria di terzi e quarti posti con un drammatico secondo nel 2003, quando persi la mia leaderschip proprio all'ultimo giorno contro Nicole Brandli. La consacrazione del sogno è giunta nella scorsa edizione, quando quasi non ci credevo più, anche se l'ultimo giorno in cima del santuario del Ghisallo ero determinata, concentrata e convinta. Guarda caso dietro di me in classifica è finita Nicole Brandli. Il destino a volte pare voler giocare, divertirsi con noi atleti e insegna che non si può e non si deve mai mollare, darsi per vinti, rinunciare ai propri sogni.

2. Il tuo motto è "sempre più in alto". Ora che hai conquistato anche il Giro, quali obiettivi ti poni per volare ancora più in alto?

"In alto" per me ha un significato molto ampio, vale a dire andare avanti e cercare di realizzarsi in ogni campo: sia nello sport, che attualmente rimane il mio mestiere principale, sia nel retroscena della vita comune, che offre infinite opportunità. Amo lanciarmi in sfide per avere maggiori stimoli, ma non perdo mai il senso della realtà basata sulla consapevolezza che non tutto è sempre realizzabile e che eventuali ostacoli possono, devono, diventare opportunità. Imparare l'arte di saper volare in alto, restando con piedi per terra, significa trovare un giusto mix tra ambizione e umiltà.

3. Quest'anno correrai con l'Equipe Nürnberger Versicherung. Come ti sembra la tua nuova squadra? Hai una buona impressione delle nuove compagne di squadra?

Dopo 10 anni trascorsi in formazioni azzurre, ho scelto consapevolmente un altro paese, diverso nello stile e nell'approccio all'attività, un'altra lingua, altre abitudini e mentalità, un'esperienza che ho sempre voluto di affrontare. La prima impressione dopo alcuni incontri è di trovarmi in un ambiente molto professionale, determinato, ma nello stesso tempo sereno e rilassato.

4. Hai già definito a grandi linee il programma per il 2007?

Si, abbiamo definito in linea di massima i programmi, faremmo le più importanti corse a tappe e di un giorno del calendario Uci. Siamo un team che possiede un buon gruppo d'atlete "tagliate" per le corse impegnative (scalatrici e passiste), cercheremo di sfruttare questa qualità, nei percorsi adatti. Personalmente parteciperò a gran parte di prove cdm, nei miei programmi spiccano corse a tappe come Tour de L'Aude, Giro di San Marino, Giro Trentino, e ovviamente Giro d'Italia.

5. Ci sono aspetti del ciclismo femminile che non ti soddisfano e che vorresti migliorare?

Ci sono tantissimi aspetti da migliorare nel ciclismo femminile, che agonisticamente (quantità e qualità) si sta moltiplicando (in un anno è raddoppiato il numero dei team tesserati all'Uci), ma non riesce ad andare avanti con le proprie gambe e continua (nella sua totale globalità mondiale) a soffrire di una scarsa visibilità, alimentata anche dai vari pregiudizi culturali che portano a considerarlo come uno sport di categoria inferiore. Mancano sponsor e personale qualificato che crede fermamente nel movimento, molte volte è mancato anche l'impegno istituzionale per salvare e promuovere il patrimonio: atlete, squadre, gare (calendari nazionali sempre più anoressici, Varazze-Sanremo, l'unica prova di cdm in Italia, saltata definitivamente dal calendario), manca l'attenzione da parte della stampa (tante riviste continuano ad ignorare il movimento femminile e non "accorgersi" della sua esistenza). Ma non è tutto nero. Il Giro d'Italia e i campionati del mondo, grazie alla Rai e alla stampa nazionale sono annualmente una bella boccata d'ossigeno per il movimento del pedale rosa.

6. Esprimi un giudizio sull'attuale stato di salute del ciclismo lituano. Oltre alle atlete già affermate a livello internazionale, s'intravede all'orizzonte qualche giovane promessa?

Il ciclismo lituano (la popolazione conta 3 milioni d'abitanti) ha avuto la sua "fortuna" nello scoprire "un blocco" d'atlete vincenti, che ha portato in alto il nome del paese per un determinato periodo, portando ben tre titoli iridati (Ziliute '98, Pucinskaite '99, Polikeviciute '01). I primi anni dell'indipendenza, con instabilità politica/economica sono stati decisivi per assistere ad un "giro a vuoto" delle giovani lituane. Passato quel momento sono sbocciati nuovi talenti, alla ruota della 23enne Modesta Vzesniauskaite, si sono messe in evidenza la ventenne Daiva Tuslaite e la diciottenne Rasa Leleivyte, campionessa del mondo junior in carica.

7. Ci sono tante differenze tra il popolo lituano e quello italiano?

Si, ci sono tante differenze culturali tra i due popoli, anche se la globalizzazione mondiale rende sempre più sottili le diversità.

8. Sabato 18 febbraio 2006 sei diventata cittadina italiana. Perché questa scelta?

Ho sposato un cittadino italiano, vivo da tanti anni in questo paese da considerarlo la mia seconda patria. Mi sembra una scelta logica, una naturale conseguenza, mi sento italiana a tutti gli effetti, il mio futuro lo vedo qua, anche se le mie radici restano saldamente ancorate in Lituania.

9. Il ciclismo femminile vive nell'ombra di quello maschile. Pensi che l'UCI stia facendo qualcosa di concreto per migliorare piano piano la situazione?

Si, l'Uci s'impegna per tutte le specialità cosiddette minori o all'ombra del professionismo maschile (tra quali anche ciclocross, mtb, bmx ecc.). La coppa del mondo per fare un esempio, voluta e proposta 10 anni fa dall'Uci al movimento famminle è diventata un evento di grosso prestigio promosso nell'ambiente con 10 e lode, però… Al fianco del ciclismo "sprint e moderno" (la strada che ha intrapreso Uci per promuovere il ciclismo al livello mondiale), ci sono dei giri storici che faticano ad andare avanti (spariti dal calendario Hewlett Packard, Giro Mallorca, Vuelta Castilla y Leon e altri), abbiamo assistito negli ultimi anni alle difficoltà organizzative per mettere in piedi Giro e Tour, incerti fino all'ultimo momento. Le corse a tappe, a mio avviso, rappresentano la storia del ciclismo e hanno bisogno d'essere più salvaguardate.

10. Se ti è possibile paragonare così grosse emozioni, ti ha dato maggiori soddisfazioni la vittoria ai mondiali di Verona, la vittoria al Tour de France o la recente vittoria al Giro d'Italia?

Ogni volta ho provato le stesse emozioni, provenienti dal profondo dell'interno, difficilmente descrivibili, una specie di miscela esplosiva (gioia e liberazione), che ti permette di non sentire il peso, volare e toccare il cielo con la mano, sensazione credo impossibile da percepire in un altro ambito della vita quotidiana o vincendo una corsa comune. Tre volte ho avvertito la stessa forza emotiva, nonostante le differenze dello scenario della conquista: gialla, la prima: fine d'un incubo durato per intere due settimane di fuochi e fiamme (da parte della Luperini e il suo team) visto che ho indossato la "maglia" dal primo all'ultimo giorno, l'anno dopo è arrivata l'iridata: conquistata in una spontanea solitudine, dovuta ad un eccezionale stato di grazia, fu una esplosione sentimentale già sul traguardo, e infine la rosa: sognata, voluta, cercata con tanta testardaggine, sacrifici e volontà per una decina d'anni, incerta e racchiusa in pochi secondi, strappata all'ultima tappa.

11. Pare che il percorso delle olimpiadi 2008 sarà impegnativo. Forse è ancora presto per parlarne, ma ci hai già fatto un pensierino?

Il percorso olimpico è un'incognita ancor'oggi, ho sentito diversi pareri, la cosa più giusta come sempre in questi casi, sarebbe andare a visionare il percorso. Ma è un pò prematuro ancora.

12. Durante la tua lunga e felice carriera hai girato buona parte di mondo. C'è una nazione, un luogo che ti ha colpito particolarmente?

Si, mi hanno colpito l'India, la Colombia ed il Salvador, paesi che mi hanno lasciato un indelebile ricordo. E Non solo per le diversità climatiche, organizzative e abitudini culturali che ho incontrato nelle corse e nella quotidianità, ma soprattutto per il netto contrasto tra la ricchezza e la povertà, immagini che mi hanno costretto ad una certa riflessione, un modo eccezionale per imparare ad apprezzare alcuni valori.

13. Quando Edita non pedala, come trascorre il suo tempo libero?

Mi dedico al giornalismo, collaboro mensilmente con la rivista "Ciclismo", scrivere mi permette di contribuire alla promozione e sviluppo del ciclismo femminile, oltre a pensare al dopo. Sono inoltre anche moglie e casalinga, il lavoro quindi non manca mai. Talvolta vorrei avere più tempo per la lettura, amici e studio delle lingue.

14. Hai già pensato a cosa farai quando non correrai più? Vedi un tuo futuro sempre legato al mondo del ciclismo?

Proprio l'ambito giornalistico, nel settore sportivo, sarebbe la strada che più mi appartiene, l'attività è già stata intrapresa e quindi mi piacerebbe coltivarla anche dopo l'agonismo.





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