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Pensieri e parole sul Giro e sul Ciclismo Femminile


14.7.2010




913 chilometri percorsi sotto un caldo infernale, opprimente: dapprima la pianura a farla da padrona, poi la collina ed infine la montagna, quella vera, dura, durissima, a decidere le sorti della 21esima edizione del Giro d'Italia Femminile. E in una corsa disegnata per coloro che fanno dell'alta montagna la propria vocazione non poteva che trionfare una scalatrice alata come Mara Abbott, statunitense, la prima atleta a stelle e strisce a scrivere il proprio nome nel prestigioso albo d'oro della corsa rosa.

Poco da dire riguardo ai primi quattro giorni di corsa, dove un'unica regina ha regnato sovrana, la sensazionale velocista tedesca Ina Yoko Teutenberg, capace di aggiudicarsi tre tappe in linea e addirittura una cronometro. Troppo potente, troppo superiore la sprinter dell'HTC Columbia che ha lasciato solo le briciole alle altre quotate ruote veloci come Kirsten Wild e Giorgia Bronzini.

Gli insidiosi sali e scendi delle due tappe seguenti hanno invece portato alla ribalta il fenomeno olandese Marianne Vos, che dopo due anni di "imperdonabile" assenza è tornata ad esibire il suo infinito ed inebriante talento sulle strade del Giro. Suo il sigillo sul ripido strappaccio di Pettenasco davanti allo splendente iride di Tatiana Guderzo, e suo il bis in rosa ad Arcisate davanti ad una sempreverde Judith Arndt. Grandi nomi e grandi campionesse in questo giro ed anche qualche volto un po' meno noto ma comunque di grande valore, come quello dell'americana Evelyn Stevens, assoluta protagonista della settima tappa, l'insidiosa Como-Albese con Cassano, conquistata al termine di una lunga e splendida fuga solitaria. Ha sofferto la maglia rosa Marianne Vos lungo le impegnative scalate di Colma di Sormano e Ghisallo, ma ha lottato come una guerriera, onorando e difendendo con i denti il simbolo del primato, consapevole che l'alta montagna all'orizzonte la respingerà senza pietà.

Ed infatti la terribile Chiavenna-Livigno, quasi 2400 infiniti metri di dislivello in poco più di 90 chilometri, metterà le ali e la maglia rosa alla migliore scalatrice di questo Giro, l'americana Mara Abbott, magrissima, tutta muscoli ed ossa, inarrivabile anche per l'eterna rivale Emma Pooley: sono loro due le più forti in salita da ormai un paio di anni ma questa volta il duello tra le due non sarà così entusiasmante per via della condizione non eccellente della britannica. Emma ci ha provato, ha attaccato più con la forza della disperazione che con quella delle proprie gambe, ma nulla ha potuto contro la chiara superiorità di Mara, splendida trionfatrice sia a Livigno che sul mitico Stelvio. Seconda lo scorso anno al Giro, seconda neanche due mesi fa all'altrettanto duro e prestigioso Tour de l'Aude, ed ora finalmente rosa incontrastata. Sempre concentratissima al via di ogni tappa, brillante ma incapace nelle tappe di mezza montagna di far male alle coriacee Arndt e Guderzo, Mara ha dovuto aspettare il traguardo di Livigno per poter esibire il suo contagioso sorrisone a 32 denti. Il trionfo americano è stato completato nella passarella finale di Monza dalla vittoria in volata di Shelley Evans. Estremamente solida si è rivelata questa nazionale statunitense guidata dall'ex direttore sportivo della Cervélo Manel Lacambra, che anche quest'anno grazie alla sua serietà, professionalità ed al suo entusiasmo sta riuscendo a tirare fuori il meglio dalle sue ragazze creando nuovamente un gruppo molto compatto.




Che dire invece della Cervélo che dopo una stagione ancora davvero ricca di successi ha invece dovuto accontentarsi solo di piazzamenti? I ben cinque posti di tappa, il quarto posto della vincitrice uscente Claudia Häusler ed il quinto posto di Emma Pooley, la maglia verde di miglior scalatrice conquistata ancora dalla britannica sono solo una piccola soddisfazione per una squadra che partiva con grosse ambizioni. Sfortuna sì, visti gli infortuni di Lieselot Decroix e soprattutto della validissima Sharon Laws, sfortuna in parte anche per Emma Pooley nella tappa di Como, appiedata da una foratura nel momento meno opportuno, ma forse anche molta stanchezza dopo una stagione così intensa...un po' peccato vista l'importanza di questa corsa.

Per quanto riguarda le italiane, di più non ci si poteva sicuramente aspettare da Tatiana Guderzo che anzi, forse ha pure sopreso per come ha tenuto in montagna. Tatiana aveva detto di puntare decisa su questo Giro e così è stato: il podio è sicuramente un risultato ottimo considerando le sue caratteristiche tecniche. Anche quest'anno molto buona e solida la prova la punta della Top Girls Elena Berlato, decima in classifica generale e seconda miglior giovane dietro a Marianne Vos. Per il resto, ancora un po' troppo lontane le altre azzurre.

E questo Giro invece come si può valutare? Il percorso finalmente è tornato a riproporre dopo tanto, troppo tempo l'alta montagna. Davvero incantevoli e da cartolina gli scenari dei due tapponi alpini, ma a parte l'estetica, notevole valore tecnico aggiunto al tracciato di questo Giro. Il problema è che al momento scarseggiano le scalatrici in grado di garantire grande spettacolo su queste montagne...ci vorrebbero magari altre cinque-sei atlete del valore di una Pooley ed Abbott, ed allora ci sarebbe più battaglia e spettacolo anche in montagna. Alla fine la tappa più combattuta e spettacolare di questo Giro è risultata la Como-Albese con Cassano proprio perché sono state numerose le protagoniste a lottare l'una contro l'altra. Forse il ciclismo femminile non è ancora pronto all'alta montagna, e forse questo è dovuto allo scarseggiare negli ultimi anni di questo terreno, mancanza che magari ha fatto proliferare atlete passiste-scalatrici o scalatrici-scattiste, ma pochissime scalatrici pure.



Ormai dopo il ritiro lo scorso anno di Fabiana Luperini e Nicole Brändli, a fine stagione un'altra grande interprete dell'alta montagna appenderà la bici al chiodo, Edita Pucinskaite, un'atleta che ha fatto la storia del ciclismo femminile ed ovviamente anche del Giro con le sue sedici partecipazioni e con i suoi due trionfi. Una campionessa che sicuramente mancherà a tutto l'ambiente e, nonostante non abbia potuto lottare con le primissime in questo Giro, ha raccolto davvero tantissimo calore e affetto. E non da ultimo, un'atleta che da sempre lotta per dare maggiore risalto e visibilità a questo mondo, sfida però ancora terribilmente difficile da affrontare. Cosa serve ancora a questo mondo per decollare? Le personalità forti e le grandi campionesse non mancano sicuramente in gruppo...fa un certo effetto vedere atlete del calibro di Marianne Vos rimanere tranquille in un angolino in attesa dell'inizio di tappa senza quasi venire considerate dal pubblico, quando un campione dell'altro sesso farebbe fatica a muoversi se lasciato in mezzo ai suoi tifosi. Ma forse è anche più bello aver a che fare con persone ancor prima che con personaggi. Una Vos ti colpisce per semplicità ed umiltà nonostante l'assoluta caratura dell'atleta, una Guderzo per simpatia...non nega un sorriso, un autografo, una foto ricordo a nessuno, una Pucinskaite starebbe a parlare con i suoi tifosi per ore ed ore, qualche altra ha un carattere più chiuso ma praticamente nessuna ha atteggiamenti da superstar.

Rimane il fatto che una maggiore notorietà ed un maggiore riconoscimento da parte dei media sarebbe senza dubbio meritato, ma culturalmente il ciclismo viene sempre considerato quasi in ogni nazione uno sport per soli uomini, ed i cambiamenti sono ancora troppo lenti. Il pubblico in questo Giro diciamo che si è visto ad intermittenza. Ad esempio ha risposto bene ad Arcisate (merito forse di Minervino nel saper promuovere al meglio i suoi eventi?) ed anche piuttosto bene nella tappa Chiavenna-Livigno, ma è stato piuttosto desolante vedere lo Stelvio mezzo deserto, così come le strade della tappa conclusiva di Monza.
Guardate queste due foto...quanto sarebbe diverso l'impatto emotivo di queste immagini con queste atlete (Linda Villumsen e Olena Oliinyk) in mezzo a due ali di folla anziché in mezzo al deserto?





Forse maggiore pubblicità e promozione non sarebbe guastata per calamitare più gente sulle strade...ed un pubblico più numeroso forse attirerebbe maggiormente gli sponsor, forse, ma qui si rimane nel campo delle ipotesi. Il fatto certo è che il ciclismo femminile deve ancora crescere parecchio: qualcosa si sta facendo ma molto dev'essere ancora fatto. Non è mia intenzione né criticare chi si è sforzato ad organizzare come meglio ha potuto questo evento e chi cerca di dare una mano al ciclismo femminile, né al contrario di lodare qualcuno semplicemente per fargli piacere. Queste parole nascono dal dispiacere di non vedere ancora brillare di luce propria il ciclismo femminile.

Davide Ronconi


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